Olio di oliva italiano o no? In arrivo un metodo analitico rapido che si basa sui composti volatili, la “memoria storica” dell’olio
Se l’olio di oliva extravergine viene dichiarato in etichetta “100% italiano”, la bottiglia da 1 litro venduta al supermercato costa 1,5-2,0 euro in più. L’alto valore aggiunto del “made in Italy” porta con sé un rischio di frodi; per questo motivo produttori, aziende che imbottigliano conto terzi e società della grande distribuzione vogliono essere certi della provenienza. Oggi ci si affida alla certificazione verificabile attraverso documenti obbligatori previsti dalla legge, ma non mancano anche analisi di laboratorio complesse, nonché il lavoro di panel di assaggiatori per stabilire la qualità e la genuinità dell’olio. Alla luce di questa situazione ci sono numerosi progetti per trovare sistemi di analisi rapidi, relativamente poco costosi da utilizzare su larga scala. Tra i vari metodi è particolarmente innovativo quello messo a punto dalle Università di Bologna e di Udine insieme a Coop Italia e con la collaborazione dell’Università di Barcellona, che sfrutta una tecnica cromatografica rapida per analizzare le componenti volatili dell’olio di oliva. Per comprendere meglio le caratteristiche tecniche e la portata pratica del metodo abbiamo rivolto alcune domande a Tullia Gallina Toschi, che ha coordinato lo studio.
Cosa valutiamo con questo metodo?
Si tratta di uno dei più interessanti metodi proposti per discriminare tra olio italiano e non italiano. Può essere usato come test di conformità capace di dire, a chi acquista partite di olio, se il prodotto 100% italiano sia conforme a quanto dichiarato oppure se sia da considerarsi sospetto. Il metodo è vantaggioso per due motivi: è rapido (l’analisi in colonna richiede 100 secondi) e non richiede solventi. L’iniezione del campione è diretta.
Come funziona dal punto di vista tecnico?
Il metodo analitico permette di separare i composti volatili sulla base delle loro caratteristiche attraverso una tecnica cromatografica (due colonne che separano contemporaneamente). Per farlo si utilizza un naso elettronico “cromatografico” (nome commerciale Heracles II). La complessità dell’analisi risiede nella necessità di avere un buon database di campioni che sia storicamente solido e da aggiornare ogni anno. I campioni inoltre devono essere analizzati in condizioni note e standardizzate, altrimenti si ottengono dati falsati, soprattutto perché stiamo parlando di un prodotto – come l’olio – che non è stabile.
Perché si è scelto di analizzare i composti volatili?
I composti volatili rappresentano, in un certo senso, la “memoria storica” di un grasso o di un olio. Le sostanze lipidiche, infatti, sono come spugne che assorbono questi composti dall’ambiente o che li intrappolano quando provengono da reazioni chimiche o biochimiche della materia prima. Quindi le cultivar utilizzate, la condizione delle olive, la loro qualità, dove sono state raccolte e conservate, i trattamenti… tutte queste informazioni si possono racchiudere nella composizione dei composti volatili. Un campione di extravergine del Salento avrà un corredo aromatico differente rispetto a uno spagnolo. Per fare un esempio didattico e intuitivo: se si mette il latte in frigorifero accanto a una cipolla tagliata, dopo un giorno il latte avrà l’odore della cipolla. È il grasso del latte ad assorbire e a fissare gli aromi. Per questo è utile analizzare i composti volatili: la loro presenza può fornire molte informazioni in merito alla storia dell’olio.
L’analisi può essere utilizzata su larga scala e da tutti i laboratori?
Il metodo è operativo, ma per un riconoscimento ufficiale di una metodica fondata sulla separazione dei volatili, per esempio a livello europeo, ci vorranno anni. Questo metodo nasce per essere utilizzato da laboratori di controllo, dalle grandi catene di supermercati e da chi imbottiglia conto terzi. Il costo dello strumento, attualmente, è intorno a 80-90.000 euro e questa è una cifra sostenibile solo nelle grandi realtà. Va detto però che, concettualmente, risultati simili potrebbero essere ottenuti con un più comune gascromatografo fast il cui costo si aggira intorno ai 15-20.000 Euro. Devo sottolineare che la procedura necessita di una massima attenzione nell’applicazione: è necessario avere un set di dati per l’analisi statistica che sia solido e affidabile, è fondamentale conoscere e valutare criticamente il contesto, saper interpretare un’analisi statistica, avere campioni standardizzati e saper esprimere correttamente i risultati. Quello che dovrebbe essere fatto nell’applicare ogni metodica analitica!
Quali sono i prossimi passi?
Stiamo lavorando per avere metodi più rapidi, meno costosi e semplici, basati sempre sull’analisi dei composti volatili. Per esempio ne sono in studio alcuni che valutano i singoli traccianti e i loro specifici intervalli. Si tratta di una sfida che coinvolge non solo il nostro gruppo di ricerca, ma tutto il nostro Paese insieme a Università e laboratori dell’Area Mediterranea che eccellono nella messa a punto di metodi analitici chiave per la lotta alle frodi delle nostre ricchezze alimentari.
Fonte: Il Fatto Alimentare