Da Infolampo: Marche crisi del lavoro – Jobs Act
Marche, non si arresta la crisi del lavoro
In un solo anno sono stati persi altri 5.021 posti e il numero degli occupati è sceso a 619mila unità.
Santarelli (Cgil): “Gli incentivi del Jobs Act non funzionano. Rilanciare occupazione e investimenti”
La crisi non accenna ad arrestarsi nelle Marche: secondo i dati Istat 2016, rielaborati dall’Ires Cgil, in un
solo anno sono stati persi altri 5.021 posti di lavoro. Nella regione i principali indicatori sono in netta
controtendenza rispetto al quadro nazionale: i disoccupati
sono 73.526 con un aumento rispetto all’anno precedente del
6,5%, il tasso di disoccupazione si attesta al 10,6%
aumentando dello 0,7% e rimanendo pressoché stabile
rispetto al 2013.
Nel 2016, il numero degli occupati è sceso a 619 mila unità,
ovvero 5.021 in meno rispetto all’anno precedente (-0,8%).
Il calo non interessa il lavoro dipendente che aumenta dello
0,6% (+2.766 unità), sicuramente un dato positivo, “ma
troppo debole per essere definito “ripresa”, anche in
considerazione del fatto che, in termini di occupati
dipendenti, nella nostra regione, siamo ancora -28mila
rispetto all’inizio della crisi (2008)”, si legge in una nota
della Cgil.
Crescono dell’1,8% rispetto al 2015 gli occupati part-time che passano da 96mila a 98mila: nel 2008
erano 76mila cioè 22mila unità in meno. Particolarmente allarmante è il dato di coloro che cercano lavoro
dopo aver perso quello che avevano: 39.051 persone, con un aumento in un solo anno del 9%, pari a
3.228 unità. A questi vanno aggiunte altre 19mila persone che cercano il lavoro per la prima volta e che
tentano di entrare nel mondo del mercato del lavoro.
“È necessario sottolineare – sottolineano in Cgil – che i voucher vengono conteggiati come occupazione
dall’Istat e questo condiziona fortemente il dato reale; per un’analisi realistica della situazione del
mercato del lavoro, occorrerebbe depurare gli occupati dall’esercito dei percettori dei voucher che nelle
Marche sono oltre 64.000”.
Il tasso di disoccupazione dei giovani diminuisce di un punto rispetto all’anno precedente passando dal
32% al 31%: nelle Marche, quindi, quasi un giovane su tre non riesce a trovare lavoro. Questo dato va
letto anche in rapporto all’aumento del lavoro precario e cioè tempo determinato e voucher. Anche in
questo caso, va ricordato che il tasso di disoccupazione giovanile nel 2008 era nelle Marche al 12,5%.
Nei principali settori produttivi, si rileva un calo allarmante degli occupati nei settori del commercio,
alberghi e ristoranti che passa da 126mila a 117mila (-6,8%) in un solo anno; nelle costruzioni dove si
passa da 35mila occupati a 33mila (-4,9%). Nell’industria manifatturiera l’occupazione rimane
praticamente stabile a 182mila, registrando un lievissimo aumento dello 0,2%.
Secondo Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche, “questi dati restano molto preoccupanti,
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Pensioni, da gennaio conguagli
‘impazziti’. Inps intervenga.
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Jobs Act tra evidenze empiriche e false verità
L’obiettivo di questo articolo è quello di presentare alcuni dati che aiutino a valutare quale sia stato
l’impatto del Jobs act sulla crescita dell’occupazione nel biennio 2015-2016, con un approccio di natura
descrittiva. Ci concentriamo, in particolare, sul fulcro centrale della riforma del mercato del lavoro,
ovvero l’introduzione del Contratto a Tutele Crescenti (CTC).
di Pasquale Tridico
I dati presi in considerazione sono quelli periodicamente distribuiti dall’INPS, aggiornati al 10 gennaio
2017, e riguardano le variazioni assolute dei flussi lavoro occupazionali. Prima di passare a descrivere le
evidenze che emergono dai dati INPS, va ricordato che, anziché dati di flusso, l’ISTAT rileva
periodicamente i saldi occupazionali, ovvero le variazioni assolute degli stock. I dati provvisori di questi
saldi, riferiti ai soli lavoratori dipendenti di ogni settore presentano variazioni più contenute di quelle
fornite dall’INPS e riportano una variazione assoluta nel 2015 rispetto al 2014 di 209.000 dipendenti, di
cui 108.000 con contratto a tempo indeterminato e 102.000 a termine.
Passiamo dunque a presentare i dati sui flussi occupazionali rilevati dall’INPS. Nella Figura 1 sono
riportati in blu i nuovi rapporti di lavoro (senza considerare le cessazioni) a tempo indeterminato attivati
nel settore privato nel 2014, nel 2015 e nel 2016 (bisogna chiarire che solo dal 7 marzo 2015 i contratti a
tempo indeterminato vengono stipulati con il nuovo regime “a tutele crescenti” introdotto dal Jobs Act,
mentre quelli del periodo precedente si riferiscono al vecchio contratto a tempo indeterminato). Se, da una
parte, si registra un aumento del 41% nel 2015 rispetto all’anno precedente, dall’altra fra il 2016 e il 2015
il numero di attivazioni “a tutele crescenti” si riduce del 32%. Addirittura, nonostante gli sgravi
contributivi ancora attivi nel 2016 (seppur in misura ridotta rispetto al 2016), il numero di CTC attivati
nel 2016 (1,14 milioni) risulta inferiore a quello dei contratti a tempo indeterminato del 2014 (1,19
milioni). Da qui discende chiaramente una prima evidenza: si riducono i contratti a tempo indeterminato
nel 2016 (CTC) rispetto al 2014 (ultimo anno del vecchio regime), nonostante, dopo il Jobs Act, si tratti
di contratti a minore protezione.
Figura 1: Nuovi rapporti di lavoro 2014-2016
Fonte: INPS osservatorio sul precariato
La seconda evidenza del Jobs Act si evince anch’essa semplicemente dalla figura 1: le assunzioni a
termine, cioè tutti quei contratti che – se fosse stato vero che l’introduzione del CTC avrebbe favorito la
convergenza verso una forma contrattuale unica o, quantomeno, fortemente prevalente – sarebbero dovuti
scomparire con l’introduzione del Jobs Act, risultano invece in evidente crescita: l’INPS registra 3,14
milioni contratti a termine attivati nel 2014; 3,23 milioni nel 2015 e ben 3,45 milioni nel 2016. Questo
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