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Infolampo: Lavoro – banche

direz456Il sindacato internazionale vuole un lavoro di qualità

Nella riunione dei ministri del Lavoro degli Stati del G20, i rappresentanti del gruppo L2 consegnano un

documento con le priorità: ridurre le diseguaglianze, più diritti negli appalti, rivoluzione tecnologica con

equità, integrazione per i migranti

di Fausto Durante

Per il gruppo di Paesi che compongono il G20 – la cui presidenza per il 2017 spetta alla Germania – questa

è la settimana del lavoro. Si riuniscono oggi e domani a Bad Neuenahr, nei pressi di Colonia, i ministri

del Lavoro degli Stati del G20, con all’ordine del giorno le principali questioni dell’economia e del lavoro

su scala globale. Lo scenario in cui si colloca questa riunione, a

giudizio del sindacato internazionale, non è certamente

favorevole: le politiche di ispirazione liberista, che in Europa si

sono concretizzate nella ferrea austerità imposta dalla

Commissione europea, producono una crescita di entità

modestissima, l’aumento di disoccupazione e disuguaglianze in

tutto il mondo, il diffondersi di sfiducia nella politica e nelle

istituzioni, sempre più identificate come élites lontane dai

cittadini e sensibili solo alle richieste della finanza e delle

multinazionali.

Per proporre un’agenda alternativa a quella dei governi sui temi

del lavoro, nei due giorni scorsi a Berlino i leader dei sindacati

dei principali paesi (insieme a una folta delegazione di

sindacalisti provenienti da Stati asiatici e africani in ritardo di

sviluppo, a testimonianza della necessità di operare con spirito

di solidarietà internazionale sui temi globali) si sono confrontati

nel forum di dialogo Labour20. I temi su cui abbiamo lavorato nella riunione di L20, riassunti in un

documento inviato ai ministri del Lavoro e in una dichiarazione consegnata nelle mani della cancelliera

tedesca Angela Merkel, che ha partecipato personalmente a una sessione del vertice sindacale, si possono

riassumere in quattro grandi aree.

1. Ridurre le disuguaglianze e creare lavoro di qualità. Un modello di politica economica alternativo e più

socialmente giusto rispetto a quello attuale è possibile e, soprattutto, non più rinviabile. Questo modello

dovrebbe prevedere l’avvio di un processo coordinato di investimenti pubblici in infrastrutture, servizi

statali, welfare ed economia sociale, per uscire dalla trappola della crescita zero. Va dato, cioè, uno

stimolo potente alla ripresa economica, assicurando al contempo che esso sia orientato a sostenere gli assi

strategici della transizione verso un’economia low carbon, della cooperazione internazionale per un’equa

riforma dei sistemi di tassazione, della gestione delle risorse pubbliche per spingere la domanda e il

potere d’acquisto dei redditi medi e bassi. In questo contesto, il lavoro deve riconquistare diritti e

centralità. Quindi diventa decisiva la leva della contrattazione collettiva e delle politiche salariali, come

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/il-sindacato-internazionale-vuole-un-lavoro-di-qualita

Cgil e Spi del Lazio: un

vademecum per la popolazione

colpita dal terremoto

– Scarica il vademecum

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Le banche ombra gestiscono metà della finanza mondiale

Alla fine del 2015, ben 149mila miliardi di dollari – pari a circa il 46 per cento delle attività finanziarie

globali – erano gestiti da banche ombra. Lo sostiene un rapporto pubblicato il 10 maggio dal Financial

stability board (Fsb), un organismo internazionale legato ai paesi del G20 che sorveglia il sistema

finanziario mondiale e che dal 2011 pubblica ogni anno uno studio sulla finanza ombra, con l’obiettivo

di individuare i rischi che potrebbero far scoppiare una nuova crisi.

di Alessandro Lubello, giornalista di Internazionale

Questo dato, che riguarda 21 paesi più l’eurozona (per un pil complessivo pari all’80 per cento di quello

mondiale), sembra suggerire che quasi la metà della finanza mondiale è nelle mani di aziende opache

giustamente definite ombra. Le cose non stanno proprio così, ma senza dubbio il settore contiene dei

fattori di rischio per la finanza. Nell’edizione 2016 del suo rapporto, l’Fsb si proponeva di studiare

proprio le zone più delicate del settore ombra, ma non ha ricevuto tutti i dati su cui faceva affidamento.

Per capire meglio la situazione bisogna fare chiarezza sul concetto di “banche ombra”. Nell’introduzione

del suo rapporto, l’Fsb parla di “entità e attività di intermediazione creditizia che agiscono fuori dal

sistema bancario regolamentato”. E poi aggiunge che l’uso del termine ombra “non va inteso in senso

peggiorativo” e che è stato adottato perché “è quello più comune”. Ora, nella definizione più ampia di

banche ombra, riassunta dall’acronimo Munfi (Monitoring universe of non-bank financial

intermediation), e quindi in quei 149mila miliardi di dollari, sono incluse le compagnie assicurative, i

fondi pensione e le stesse banche centrali, che comprano stabilmente titoli di stato. Attività quindi che

sono comunque regolamentate.

Per questo l’Fsb adotta una seconda definizione e un secondo acronimo: Ofi (Other financial

intermediaries), in cui sono incluse “tutte le istituzioni finanziarie che non siano banche, assicurazioni,

fondi pensione, istituzione finanziarie pubbliche, banche centrali o ausiliari finanziari”. In questo caso la

mole di attività finanziarie scende a 92mila miliardi di dollari, che comunque rappresentano circa il 120

per cento del pil di tutti i paesi del mondo messi insieme. Gli Ofi sono cresciuti di tremila miliardi di

dollari rispetto al 2014, spiega l’Fsb, in gran parte perché le borse sono cresciute e in parte perché molti

capitali hanno lasciato il settore bancario tradizionale.

Questi istituti usano strumenti pericolosi per la stabilità finanziaria

Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra e presidente di turno dell’Fsb, sostiene che la crescita

della banche ombra di per sé non deve far paura, perché questi istituti permettono di diversificare le fonti

di finanziamento a favore dell’economia reale. Ma resta comunque il fatto che sono collegati al sistema

bancario tradizionale e che usano strumenti pericolosi per la stabilità finanziaria. Per questo l’Fsb ha

deciso di restringere ulteriormente i confini della sua analisi limitando la valutazione delle banche ombre

alla cosiddetta “narrow measure of shadow banking”, formata da entità finanziarie non bancarie che

“secondo le autorità” possono rappresentare un rischio per la stabilità finanziaria.

I dati su questa fetta del settore ombra provengono da 27 paesi, tra cui l’Italia. La narrow measure

gestisce attività per 34mila miliardi di dollari, il 3,2 per cento in più rispetto al 2014. “Quasi l’80 per

cento di questi miliardi sono concentrati in soli sei paesi”, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per

esempio gli istituti ombra delle Isole Cayman, che entrano nello studio dell’Fsb per la prima volta,

gestiscono seimila miliardi di dollari (e hanno un sistema finanziario pari al 200mila per cento del pil

nazionale), molto di più di paesi come il Giappone e il Canada, che si fermano a quattromila. In Irlanda e

nei Paesi Bassi ormai le banche ombra gestiscono più soldi di quelle tradizionali.

Gli esperti dell’Fsb, però, si aspettavano indicazioni molto più interessanti dallo studio, soprattutto perché

non hanno ricevuto tutti i dati che volevano avere. Un importante centro finanziario come il

Lussemburgo, per esempio, non ha inviato i suoi dati. Ma già nell’introduzione del rapporto, l’Fsb mette

in chiaro che “la narrow measure non include i dati della Cina, perché sono stati inviati in ritardo”. Chi

sperava di ricavare un qualche segnale di crisi da questo studio contava soprattutto sulla Cina, il cui

settore Ofi valeva circa 7.300 miliardi di dollari alla fine del 2015. Nel paese asiatico, scrive le Monde,

“le banche ombra hanno un ritmo di crescita – il 31 per cento tra il 2014 e il 2015 – secondo solo a quello

registrato in Argentina”, ma soprattutto va notato che in Cina spesso questo settore parallelo “finanzia i

pesanti debiti delle imprese di stato e i precari progetti immobiliari dei governi locali”.

Ora l’Fsb spera nello studio che sarà pubblicato il prossimo anno, ma evidentemente, fa notare la Neue

Zürcher Zeitung, “la natura stessa delle banche ombra fa sì che sfuggano alle autorità. Dati completi e

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finanza-mondiale