Infolampo: Pensioni – scuole
Pensioni e welfare: dove stiamo andando?
Pedretti (Spi): il confronto sulla “fase 2” fatica a decollare a causa della debolezza del governo, mentre
aumentano i rischi relativi alla tenuta universale del nostro sistema di protezione sociale e riguardanti la
stessa confederalità della Cgil
di Guido Iocca
Un confronto asfittico, che fatica a decollare soprattutto per la debolezza del governo, sempre sotto ricatto
di possibili elezioni anticipate. Sono le parole con cui Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil,
fotografa lo stato della trattativa sulle pensioni, la cosiddetta “fase 2”, fra governo e sindacati. “I temi veri
non sono stati ancora affrontati in modo concreto. Ci si è
limitati a evidenziare i titoli di una discussione che, per tanti
versi, è ancora più importante di quella che si è conclusa,
mentre sul welfare c’è sempre di più il rischio di mettere in
discussione la sua tenuta universale e la stessa confederalità
della Cgil”.
Rassegna Sembrerebbe che nella compagine governativa non
tutti abbiano compreso la portata dei temi all’ordine del
giorno al tavolo di trattativa…
Pedretti Sì, ed è preoccupante, perché la seconda fase deve
affrontare molti temi di riforma rilevanti, a cominciare da
quelli che riguardano i giovani. In ballo c’è la costruzione di
una sorta di pensione di garanzia, che sarebbe un fatto
straordinario, perché permetterebbe a un’intera generazione
segnata da carriere flessibili e precarie di poter comunque accedere ad assegni compatibili con una vita
dignitosa.
Rassegna Quali sono gli altri temi che rendono così particolare questa fase del confronto sulle pensioni?
Pedretti Penso innanzitutto a quella che per molti è la parte più innovativa e significativa del confronto,
quella relativa al riconoscimento del lavoro di cura. Un tema importantissimo, direi quasi un fatto storico,
in quanto rappresenterebbe una sorta di risarcimento per il ruolo ricoperto da migliaia e migliaia di donne
del nostro Paese nei confronti di genitori anziani o di figli disabili. Ricordo che stiamo parlando di donne
che si sono sostituite al welfare e che rischiano più o meno tutte di avere in futuro solo una pensione
sociale. Senza dimenticare la questione del riconoscimento di un sistema di valutazione dell’inflazione
più adeguato al costo reale della vita. A questo proposito, noi riteniamo che occorra correggere i
meccanismi attuali per non penalizzare ulteriormente i pensionati italiani. Per questo chiediamo di
applicare a tutti il 100% di rivalutazione fino a 7 volte il trattamento minimo, pari a 3.500 euro lordi al
mese. Una misura insomma che è ben lungi dall’interessare le pensioni più ricche.
Rassegna Nonostante la necessità di aprire il confronto a questa dimensione di problemi, la “fase 2” resta
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Pensioni 2017: ‘Prendi l’Ape
sociale…prima che voli’
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Scuole chiuse. Quei tre mesi inconciliabili
È notizia di qualche giorno fa che la Ministra per l’Istruzione Valeria Fedeli sta studiando un piano per
aprire le scuole durante il periodo estivo sollecitata da migliaia di richieste dei genitori. Una chiusura
della scuola di oltre 12 settimane nel resto d’Europa c’è solo in Lituania e Lettonia.
di Barbara De Micheli
Personalmente trovo la proposta della Ministra interessante, in linea con quello che sta accadendo nel
resto del mondo, dove è ormai consapevolezza acquisita che le modalità di gestione del tempo sono
cambiate ed è molto raro poter contare su un genitore a casa per tutto il periodo estivo. Avere più tempo
per la scuola magari vorrà anche dire riuscire a finire i programmi, riuscire a dare spazio a quelle materie
– ad esempio la geografia o la musica alle elementari – che vengono sacrificare sull’altare della necessità
di finire i programmi entro fine maggio. E magari il risultato alla fine sarà che anche i nostri figli e le
nostre figlie saranno meno stressati.
Il 9 giugno a Roma è stato l’ultimo giorno di scuola per i ragazzi e le ragazze della primaria e delle medie
inferiori. Saranno in vacanza da oggi fino al 15 settembre.
Messe in fila, le ho contate sul calendario, sono 14 settimane.
Il mio contratto di lavoro, io che un contratto di lavoro ce l’ho, prevede 26 giorni di ferie l’anno. Se fossi
brava e riuscissi a concentrare le vacanze tutte insieme – cioè se ipotizzassi di non prendere alcun giorno
di ferie a Natale e per nessun’altro motivo durante l’anno – arriverei a 5 settimane. Ne rimarrebbero 9.
Il mio compagno, che è un padre molto presente, disponibile a condividere con me le responsabilità di
cura dei nostri figli, ha anche lui 26 giorni di ferie l’anno.
Ipotizzando di fare vacanze separate (perché, in fondo, se sei genitore sei genitore, mica vorrai continuare
ad esistere come coppia, e soprattutto come coppia in vacanza) arriveremmo a coprire altre 5 settimane,
per un totale di 10. Ne rimarrebbero comunque fuori 6.
Ammesso e non concesso che i nostri rispettivi datori di lavoro, che per legge hanno diritto a decidere la
metà delle ferie dei dipendenti, fossero d’accordo a riconoscerci 5 settimane di vacanze consecutive.
In effetti, forse potremmo alternarci, una settimana io e una lui, modello scacchiera.
Quando lavoro io, sta lui con i bambini e viceversa.
In fondo le relazioni a distanza sembra funzionino parecchio, potrebbe essere un modo originale per
metter pepe alla routine.
Tuttavia rimarrebbe comunque il problema di quelle 6 settimane, un mese e mezzo circa. Potremmo
decidere di investire in campi estivi privati, che con una copertura dalle 8,30 alle 16,30 lasciano aperto il
problema di come conciliare un lavoro non part-time.
Avendo due figli e stimando un costo medio di 100 euro a settimana (medio, perché ci sono soluzioni a
140-150 e centri parrocchiali a 60-70, più qualche eccezione super-economica che ovviamente va esaurita
nel giro di 24 ore) l’operazione ci costerebbe 1200 euro, quanto un viaggio in crociera.
Viaggio in crociera che potrei anche pensare di fare, magari a settembre e da sola, se avessi ancora
giornate di ferie e se non avessi già ampiamente esaurito nelle 10 settimane di vacanze a scacchiera il
budget per la villeggiatura (perché ovviamente vacanze separate significherebbe duplicare i costi, perché
quello/a che lavora comunque ha bisogno di mangiare, dormire, vestirsi, mentre l’altro/a se la spassa con
due ragazzini da spupazzare al mare, in montagna o in città).
Purtroppo questa soluzione a noi sembra impraticabile e così, anche quest’anno, faremo diversamente.
Anche quest’anno, visto che siamo fortunati, sfrutteremo i nonni: conteremo su quella santa donna di mia
madre che porterà i cuccioli per tre settimane in un monolocale sulle Alpi, insieme a mio padre. Tre
settimane le faremo di vacanze insieme (ebbene sì, quest’anno siamo riusciti a mettere in fila tutti e due
tre settimane) e le restanti, che sono più o meno 8, saranno il trionfo della creatività: un mix di campi
estivi, giornate extra con i nonni, giorni infrasettimanali di ferie prese per alleviare il carico dei nonni,
scambio favori con le amiche, pigiama party lunghi, scampagnate estemporanee dei pargoli,
rigorosamente divisi, nei nostri rispettivi luoghi di lavoro, che per un giorno non si nota e fa pure festa,
coinvolgimento a sorpresa di zii, cugini e affini fino al sesto grado di parentela.
Insomma, rischiamo di arrivare a settembre stremati, non solo noi, i genitori, ma anche i pargoli,
sottoposti a vacanze a mosaico di cui rischiano di perdere il senso (perché un senso non ce l’ha, come
direbbe Vasco Rossi).
Insomma i tempi in cui vacanza faceva rima con villeggiatura, tempi lunghi di ozio e noia, a sudare in
canotta con un chinotto ghiacciato sotto la pergola di uva fragola, da questa prospettiva sembrano andati
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